top of page
0da43f06-f229-47fd-a0f9-8099e87d5223.JPG
Luigi Deo

Addentrarsi nella poetica di Luigi Deo significa cambiare dimensione. 

Lo si fa istintivamente e quasi costretti perché i suoi dipinti ci trasportano in uno spazio in cui le parole non servono più, non sostengono più, ma cedono lo scettro

comunicativo al colore, al tratto, al gesto.

La mente finalmente si arrende coi suoi ragionamenti e lascia il campo libero all'essere.

Mi riporta alle parole della scrittrice francese Colette.

"Talvolta si studia e si approfondisce così tanto da diventare troppo esigenti, da inibire la propria creatività. E allora serve un'esplosione emotiva per far traboccare il

cuore su un foglio, su una tela. La pittura deve diventare una necessità intima prima ancora che pubblica."

 

Così è stato per Luigi Deo.

È una narrazione silenziosa e fortementeevocativa che mi commuove.

C'è la lotta. Il pugno nello stomaco e il vuoto, la ferita lacerata e sanguinante, le unghie che affondano sul palmo in un pugno rabbioso. E poi la resa.

Nella "Serie degli Oblò" le nuvole rosa, li richiamo della bellezza che resuscita, la carezza del vento tra gli alberi, la luce, fuori e dentro, la poesia.

Davanti ai suoi quadri potrei rimanere ore, ogni gesto pittorico mi parla, ogni vibrazione di colore. Un linguaggio così autentico ed onesto da essere suo, mio, di ognuno di noi.

​

Testo critico della Dott.ssa Irene Tarzia Antropologa e gallerista d'arte

bottom of page