Kristina Milakovic
Kristina Milakovic nasce a Belgrado nel 1976, contaminadosi di arte sin dalla giovane età, grazie a sua madre pittrice autodidatta serba che le insegna di riflesso, nella loro casa studio, le basi ed i primi essenziali approcci al mondo dell’arte. Trasferitasi in Italia a Firenze per seguire gli studi accademici, il suo luogo di origine, non avendo vissuto gli anni bellici, resta nella sua memoria legato ad un tempo sereno. Completa il suo percorso formativo a Roma, città in cui tutt’oggi opera.
Le città spesso immaginarie, i brandelli di un ponte sospeso a mezz’aria, i paesaggi campestri, i dettagli di elementi architettonici lungo il tempo di una evoluzione artistica lasciano sulla tela tracce sempre meno evidenti di sentore figurativo con la strutturazione di un linguaggio più propriamente astratto in cui si evidenza l’esigenza da parte dell’artista di una pittura maggiormente gestuale ed istintiva. Pittrice e donna dal forte temperamento riesce nel luogo-spazio di una tela a sintetizzare mutazioni oniriche di un tempo irreale in cui, incisivo e sostanziale permane un tratto personale attraverso una pittura fortemente emozionale, sintesi di un tormento interiore che si manifesta in un fare pittorico scevro da schemi o disegni preparatori. Osservando i suoi lavori si percepiscono ricordi, riflessioni, immagini latenti quali sottostrato e traccia costanti su cui l’artista rimodula campiture di colore e guizzi di luce.
L’opera che scelgo è intitolata “Il bianco notturno”, una tela di medie dimensioni in cui l’artista modula la stesura del colore su due piani, una linea sottile ma incisiva demarca i due spazi in cui si compie il racconto emozionale.
”Due non è il doppio ma il contrario di uno, della sua solitudine” ci ricorda lo scrittore Erri De Luca. Nello spazio di una tela Kristina sintetizza un’intuizione, una folgorazione antecedente la realizzazione stessa dell’opera, il bianco fusione di tutti i colori è presente anche nella notte buia, in armonia e non in contrapposizione con il nero dato dall’assenza di tutti i colori e facendo parte di un solo possibile spazio, in un tempo epifanico e di ricongiunzione.
(nota critica di Rossella Savarese)